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TERAPIA SISTEMICO-RELAZIONALE

La terapia sistemico-relazionale nasce negli Stati Uniti negli anni ’50, intorno al gruppo di studiosi di Palo Alto, con l’intento di individuare una terapia che fosse in grado di “guardare” l’individuo all’interno del suo contesto familiare. La matrice teorica a cui si riferisce è sicuramente quella della teoria dei sistemi degli anni ’30, elaborata dal biologo Von Bertalanffy, secondo cui ogni fenomeno va letto ed interpretato non come somma di parti scomponibili ma nella prospettiva dell’intero, in funzione dell’interdipendenza e della interrelazione delle parti che costituiscono il tutto. La terapia sistemico-relazione integra e unisce gli sviluppi in ambito psicoanalitico con i propri fondamenti, creando una terapia che osserva e lavora con il “qui e ora”, ma permette di entrare nel passato familiare e individuale, ripercorrendo la storia trigenerazionale. Il sintomo (ansia, depressione, disturbo comportamentale, psicosi, attacchi di panico, ecc.) viene visto come un atto comunicativo di un malessere generale, appunto familiare, che viene portato fuori, esplicitato da un membro della famiglia. A volte questo malessere viene tramandato di generazione in generazione, sotto forme diverse, e riesce a prendere voce solo quando uno degli individui si “ammala”. Senza scendere nel dettaglio della teoria sistemica, proviamo a dare risposta ad alcune domande.


PERCHÉ, SE IL PROBLEMA CE L’HA SOLO UNA PERSONA, DEVE VENIRE TUTTA LA FAMIGLIA IN TERAPIA? Innanzi tutto non sempre è così. La terapia sistemico-relazionale è un approccio che lavora anche con il singolo individuo, utilizzando la “famiglia narrata”, cioè quella portata dal paziente. La famiglia viene solitamente coinvolta quando la persona “malata” è un minore, quando il disturbo è molto grave, quando si evidenziano dinamiche familiare che mantengono il disturbo. Può essere coinvolta solo per qualche incontro, oppure la terapia può continuare con tutta la famiglia anche successivamente.


QUALI DISTURBI TRATTA LA TERAPIA SISTEMICO-RELAZIONALE? Tutti, come gli altri tipi di approcci teorici. Non esiste una terapia specifica per un disturbo, ma semplicemente ogni psicoterapeuta arriverà allo stesso obiettivo dei suoi colleghi in modo diverso. Quella che cambia è la modalità. Sicuramente possiamo dire che in caso di minori con problematiche psicologiche o psichiatriche, la terapia familiare è la prima scelta, proprio perché c’è una forte interdipendenza tra genitori e figli. La terapia sistemico-relazione è inoltre l’approccio principe per le terapie di coppia.


È VERO CHE I DISTURBI ALIMENTARI SI POSSONO TRATTARE SOLO CON UNA TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE? Assolutamente no. Negli anni ’60, Salvador Minuchin introdusse un nuovo modo di lavorare con l’anoressia nervosa, in casi in cui la terapia cognitivo comportamentale, da sola, non aveva funzionato. Un sintomo così grave e complesso deve sempre essere trattato all’interno di un’equipe multidisciplinare in cui è presente la figura della dietista, dello psichiatra, del terapeuta cognitivo-comportamentale e del terapeuta-sistemo relazionale.


SE LA MIA FAMIGLIA NON VUOLE VENIRE? A seconda dell’analisi del caso, si può decidere il modo e il momento giusto in cui convocare la famiglia; in caso di risposta negativa si lavorerà con il paziente individuale, provando a capire come mai sono presenti queste resistenti, sempre in un’ottica circolare.


PUÒ IL TERAPEUTA FAMILIARE VEDERE SIA LA PERSONA CHE LA FAMIGLIA? Per regola è sempre meglio decidere quale sistema seguire sin dall’inizio. Se si pensa che deve essere fatta una convocazione familiare, si andrà avanti su questa strada, decidendo in seguito, se la persona singola ha bisogno di una terapia individuale. A quel punto si farà un invio ad un collega. In alcuni casi, invece, la convocazione familiare si inserisce all’interno di una terapia individuale, utilizzando questi incontri come necessari per il proseguo della terapia stessa. La terapia sistemico-relazionale lavora anche con le convocazioni e con più setting, quindi potrebbe essere necessario, ad esempio, vedere inizialmente la famiglia e poi solo la coppia, oppure vedere il singolo per poi convocare la famiglia, o i fratelli. Le possibilità sono molto e riguardano caso per caso.


QUAL È LA CADENZA DI UNA TERAPIA SISTEMICA? La terapia sistemico-relazionale ha solitamente una cadenza settimanale o quindicinale; per le famiglie questa cadenza può essere prolungata ad un mese. Infatti, secondo l’approccio della Scuola di Milano (Selvini Palazzoli) il tempo che passa tra una seduta e l’altra serve come elaborazione individuale e familiare, come messa in opera dei cambiamenti che riguardano le dinamiche familiari, e avere delle sedute troppo ravvicinate potrebbe bloccare questo processo.

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