Il Covid ha sdoganato tante cose, tra cui la psicoterapia online. Sono nate molte app, aziende che offrono questo tipo di servizio, e sono seguitissime!
Durante il lockdown alcune persone hanno sentito il bisogno di iniziare un percorso, altre avevano bisogno di continuare il viaggio dentro loro stessi; sia il terapeuta che il paziente si sono adattati per un fine più grande.
Ma funziona davvero? Ha la stessa valenza della terapia in presenza?
Queste domande hanno riempito i dibattiti di molti colleghi e ognuno, come è giusto che sia, ha espresso il suo parere a seconda del proprio approccio teorico.
Partiamo dall'analizzare limite e vantaggi.
La terapia online a volte può essere complessa a causa della presenza di molte persone; ad esempio, nella terapia familiare è difficile far rispettare i turni di parola, far "entrare" tutti nello stesso schermo.
Spesso non c'è un "posto sicuro" dove poterla fare; se pensiamo agli adolescenti o ad un giovane adulto che ancora vive con i genitori, potrebbero essere difficoltà a parlare sapendo che ciò che li separa dai genitori è solo una porta.
C'è una distanza fisica che è anche relazionale ed emotiva; lo schermo ci difende, ci allontana, ci tiene un "passo" più in là. Con alcuni disturbi è davvero impossibile perché la persona ha già delle difese molto alte e il computer aumenta questa distanza, con altre crea comunque delle difficoltà, considerando che il nostro è un lavoro di relazione.
Si perdono gli aspetti non-verbali; la postura, i gesti delle mani, i tremolii delle gambe. I momenti terapeutici prima e dopo la terapia: i saluti iniziali, l'accompagnare il paziente alla porta, il momento del pagamento. Il setting: non c'è più una stanza, la scelta di dove sedersi.
I vantaggi sono, secondo il mio parere professionale, solo momentanei ed "evolutivi": l'uomo si adatta al cambiamento della società e in questo periodo, soprattutto dopo il Covid, tutto quello che può essere fatto da casa, viene fatto. Shopping, palestra, sesso, terapia, cibo, ecc., ecc.
Dobbiamo quindi comprendere come mai le persone, in questo momento, sentano il bisogno di ritirarsi, di chiudersi a casa, di alienarsi, nonostante abbiano (e abbiamo) vissuto mesi e anni in questa condizione alquanto difficile.
Negli ultimi anni sono nate nuove patologie che palesano proprio questo bisogno di alienazione, come ad esempio gli Hikikomori, che sono sempre più frequenti nelle nostre Neuropsichiatrie Infantili.
C'è stato un passaggio da patologie più "attive" a quelle più "passive", come la depressione, il ritiro sociale.
Quindi, il grande vantaggio della terapia online è sapere di avere un canale con il quale poter entrare nelle case di tutti, poter accedere a quelle persone sofferenti ma incapaci di chiedere aiuto, perché incapaci anche ad uscire di casa.
Ovviamente, la terapia online ha anche permesso una maggiore flessibilità per tutti coloro che lavorano, viaggiano e sono pieni di impegni.
Rimango dell'idea che nulla possa sostituire la terapia in presenza, e penso che la modalità da remoto debba essere utilizzata solo ed esclusivamente quando c'è una reale difficoltà. Noi terapeuti dovremmo chiederci, invece, come mai la persona che abbiamo di fronte, dentro uno schermo, abbia bisogno di difendersi così tanto da evitare una relazione terapeutica a tutto tondo.
Queste domande devono servire a creare dubbi, domande, riflessioni, ma non dobbiamo dimenticare che l'evoluzione corre veloce e non possiamo rimanere indietro.
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