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L'impossibilità di guardare

In questi giorni ho ascoltato il podcast di Pablo Trincia, Dove Nessuno Guarda, che racconta e analizza il caso di Elisa Claps.

E' stato un viaggio pieno di tristezza e rabbia, di incredulità, paura e sbigottimento; chi lo conosce sa che il titolo è esplicativo e simbolico, riguarda infatti il luogo dove è stato ritrovato il corpo di Elisa, il sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità.

Vorrei ampliare questo significato con il titolo del mio articolo: l'impossibilità di guardare. Nessuno guarda in quel posto perché è impossibile farlo. La maggior parte delle persone fa fatica a osservare, a vedere nelle proprie famiglie, nella propria coppia, dentro sé stessi.

In questa vicenda di cronaca nera salta agli occhi, se prendiamo in considerazione il profilo psicologico sistemico relazionale, la famiglia di Danilo Restivo, l'assassino di Elisa.

Direttore della biblioteca di Potenza il padre, insegnante la madre: due persone che avevano delle risorse cognitive e culturali tali da poter comprendere la difficoltà di un figlio. La casa dei Restivo viene spesso descritta "piena di libri", eppure questo non sembra essere bastato per ampliare la conoscenza della vita e delle relazioni in questa famiglia.

Infatti, i genitori di Danilo decidono inconsciamente prima e volontariamente poi, di non vedere le gravi problematiche del figlio, evitando che il giovane potesse essere aiutato.

Spesso mi trovo a lavorare con le famiglie di pazienti psichiatrici e sempre devo lavorare sulla consapevolezza di avere un figlio in difficoltà, che probabilmente avrà bisogno di aiuto per il resto della sua vita. Aiuto terapeutico e farmacologico, come possono averne bisogno anche gli stessi familiari.

L'accettazione di una "malattia" prevede un percorso complesso e tortuoso; l'elaborazione di non avere un figlio "normale" diventa molto simile all'elaborazione di un lutto. Quando una persona decide di diventare genitore inizia ad immaginare come sarà suo figlio; lo immagina fisicamente, caratterialmente, ha fantasie su cosa potrà fare con lui/lei, cosa gli/le piacerà e tanto altro. Queste aspettative e queste fantasie vengono poi ristrutturate in base alla realtà, mese dopo mese, anno dopo anno. Per i neo genitori (e non solo), a volte, risulta davvero difficile mettere mano a questa ristrutturazione, perché il figlio è un essere vivente creato da lui o da lei e questo tocca delle parti narcisiste di ognuno di noi delicate e spesso fragili. Immaginiamoci come può essere complicato, impossibile nel caso analizzato, scoprire che tuo figlio, la tua creazione, la persona che hai cresciuto, è un paziente psichiatrico, "è pazzo".

Nell'odierna cultura, e ancora di più negli anni passati, le persone con disturbi psichiatrici vengono ancora identificate come matte, strane, pazze, anormali, ecc. Non si riesce a vedere la sofferenza, la difficoltà, il disagio, e quindi non si riesce a capire che hanno bisogno di aiuto.

Sentire le parole e gli scambi comunicativi tra i genitori e Danilo Restivo fa pensare di essere in un mondo senza senso, che non può esistere: "mio figlio è troppo educato, doveva nascere delinquente", dice il padre per spiegare l'accanimento contro il figlio.

La domanda è immediata: come è possibile che Maurizio Restivo dica una cosa del genere sapendo benissimo che ha dovuto difendere e proteggere il figlio, a volte anche pagando, da denunce di persone molestate, stalkerizzate, ferite? Come poteva non capire?

In realtà stava ignorando la palese verità, perché il peso di guardare veramente il figlio lo avrebbe probabilmente sprofondato in un abisso. L'impossibilità di guardare ha causato però due omicidi, due vite perse, sofferenze immense per chi è rimasto, stravolgimento catastrofico di due e più famiglie. E non solo...non ha permesso a Danilo di essere aiutato, se possibile.

Il caso di questa famiglia è l'estremo peggiore di una situazione che purtroppo è presente in molte famiglie, a causa di un mancato accompagnamento reale verso la genitorialità.

La cultura dominante, cattolica, considera la genitorialità non come una scelta, ma come un obbligo, una "naturalità", che non prevedere una pensabilità, una messa in discussione della persona stessa e della coppia.

Elisa e Heather hanno pagato per questo.



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