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"Cinelibri" e Psicologia: Harry Potter e il Calice di Fuoco

Il quarto libro è forse uno dei più belli e dei più scenografici.

Si vive molto di più la realtà di Hogwarts e la si immagina come fosse un College americano, al quale siamo abituati grazie a serie tv e film di ogni genere. Nel "Calice di Fuoco", infatti, si racconta della Coppa Mondiale di Quidditch e del Torneo Tremaghi che coinvolge altre Scuole di Magia. E' sicuramente il libro che sancisce l'arrivo dell'adolescenza.

E con l'adolescenza entra in gioco la relazione con l'altro, la sessualità, l'identità di genere e l'orientamento sessuale. In realtà i libri della Rowling affrontano poco chiaramente questi ultimi temi, ma ci sono spunti importanti che possiamo trovare.

Un delicato argomento appare nelle prime scene del film: il terrorismo.

Quando Harry, Hermione e la famiglia Weasley si trova alla Coppa del Mondo di Quidditch, i Mangiamorte mettono in atto un chiaro attentato, uccidendo molte persone e radendo al suolo il campo in cui campeggiavano i tifosi. La forte confusione e paura vengono espresse molto bene nella scena del film, "qualcuno ci sta uccidendo senza motivo", che è quello che accade in tutti gli attentati terroristici. Non c'è un motivo reale, non può esistere un motivo per il quale uccidere migliaia di persone innocenti. Eppure i Mangiamorte (affiliati a Voldermort) potrebbero rappresentare benissimo le caratteristiche di terroristi a noi ben noti (Brigate Rosse e Terrorismo Nero), come anche persone affiliate al terrorismo religioso islamico o cristiano.

Abbiamo già visto nei libri precedenti il chiaro riferimento al Nazismo, al concetto di razza; ora questo viene ampliato inserendo, appunto, il fenomeno del terrorismo.

A livello relazionale, nel "Calice di Fuoco", il focus viene puntato sul rapporto padre-figlio e vediamo diverse diadi davvero interessanti.

Partiamo da Barty Crouch e dal figlio, Barty Crouch Junior: il primo è un funzionario del Ministero della Magia, un uomo molto attento e ligio al dovere, che viene a scoprire, anni prima, che il figlio è un mangiamorte, e sarà proprio lui a spedirlo ad Azkaban. La frase che dice ad Harry, proiettando il suo vissuto, è: "tragico naturalmente, perdere la propria famiglia. Non si è mai più completi, vero? Però, la vita va avanti, ed eccoci qua!".

Il figlio prova un profondo odio verso il padre, tanto che, durante la sua trasformazione in Alastor Moody, grazie alla pozione polisucco, rischia quasi di farsi scoprire perché vedendo il padre, non si controlla e tira fuori la lingua in un modo che lo caratterizza, come fosse un tic. La relazione con il padre lo attiva così tanto da non poter resistere e da doversi sforzare per rimanere nei panni di un'altra persona. Poco dopo, Barty Crouch Junior ucciderà suo padre. In questa relazione troviamo un figlio che si discosta, quasi per ripicca, dal mandato familiare, diventando addirittura un assassino pur di umiliare il padre. Spesso questi atteggiamenti ribelli, rivendicativi, servono paradossalmente per far avvicinare il genitore al figlio; è una modalità disfunzionale per dire: "papà mi devi voler bene, voglio che tu mi voglia bene". Troppe volte, nella vita reale, questo non viene compreso dai genitori, che mettono in atto dinamiche ancora più distanzianti oppure troppo accondiscendenti.

Un altro rapporto padre-figlio è quello tra Cedric Diggory e suo padre; il signor Diggory era, al contrario di Barty Crouch, fiero di suo figlio, forse anche troppo. L'affetto passava solo attraverso i traguardi scolastici e sportivi di Cedric, che appare però un personaggio triste, molto dimesso, nonostante il suo grande successo sportivo e la sua bellezza. Sicuramente è un rapporto più funzionale ed affettivo di quello descritto in precedenza, ma ricorda molto quei genitori che valutano le loro capacità in base alla bravura e ai successi dei loro figli. A volte i ragazzi vorrebbe essere abbracciati senza motivo, apprezzati per quello che sono e non per forza per quello che fanno. Cedric potrebbe essere considerato, in psicoterapia, un figlio che esiste per rendere vivi i genitori e che non può sbagliare, perdere, tentennare in nulla. L'aspetto depressivo che troviamo spesso in questi ragazzi è abbastanza palese nel personaggio di Cedric.

Spostandoci dall'aspetto relazionale, in questo libro la Rowling esplora, con diverse metafore, l'inconscio.

In primis tramite il pensatoio di Silente, che avevamo già visto essere il "terapeuta"; ed infatti, l'inconscio è nel suo studio. Il pensatoio è una fontanella nella quale devi immergere la testa, dopo aver messo nell'acqua qualche goccia del ricordo che vuoi rivedere. I ricordi vengono tenuti in delle fialette e il contenuto "preso" dalla mente della persona. Silente utilizza questo metodo per conservare più ricordi possibili, visto che è impossibile tenerli tutti nella testa. Anche questo è vero: la nostra memoria non è illimitata e può contenere e ricordare solo una certa quantità di elementi.

Silente, proprio nella scena in cui Harry scopre il pensatoio, dice: "La curiosità non è peccato, Harry, ma dovresti esercitare cautela". E' proprio con cautela che si deve entrare nell'inconscio, nel più profondo del nostro essere.

Un'altra metafora che usa la scrittrice è quella della mente come labirinto; infatti, la terza e ultima prova del Torneo Tremaghi consiste nel trovare, all'interno del labirinto, la Coppa. Tra i vari cunicoli i concorrenti possono perdere sé stessi, possono dover affrontare le loro paure e morire per questo. "Vedete, le persone cambiano nel labirinto... Oh, trovate la coppa se potete, ma siate molto cauti, potreste perdere voi stessi lungo la strada.", dice Silente.

E' tramite l'inconscio, tramite il labirinto, che Voldermort riesce ad intrufolarsi, perchè le paure fanno breccia proprio lì, dopo c'è una ferita, una fragilità, una sofferenza.

Nella lotta finale di questo libro, Harry si trova a dover combattere contro il nemico, senza avere la forza e la capacità adatta, e saranno proprio i genitori e gli altri defunti ad aiutarlo. Questa scena è sicuramente una delle più belle del film/libro. Quante volte in un momento critico abbiamo chiesto aiuto ai nostri familiari che non ci sono più; quante volte il pensiero dell'al di là e dei nostri cari ci ha aiutato ad andare oltre. E' proprio questo il messaggio che la Rowling vuole far passare. Il pensiero che i nostri familiari ci possano aiutare è un pensiero che ci allieta il dolore, e se circoscritto in una cornice sana e razionale, può aiutarci.

E' la madre di Harry, Lily, che ci dona un grande insegnamento in questa scena: durante la lotta tra Voldermort e il figlio, Harry sa che non può batterlo e ha molta paura di morire, è stanco, spaventato, il suo compagno è morto; è sicuramente una situazione molto dolorosa e difficile. E' proprio accanto a tutto questo che Lily gli dice: "Lascia andare Harry, devi lasciare andare". A volte non si può più lottare, non è il momento, non siamo pronti; abbiamo bisogno di riposarci, di riprendere le forze, non dobbiamo essere sempre all'altezza; si può lasciare andare, perchè possiamo appoggiarci a qualcuno e riprendere fiato, proprio come ha fatto Harry.

Una frase di Silente chiude l'ampia riflessione iniziale, aprendo il tema della giustizia, della lotta al terrorismo, al nazismo, al fascismo, alla mafia, alla delinquenza: "Momenti bui e difficili ci attendono. Presto dovremo affrontare la scelta fra ciò che è giusto e ciò che è facile".
























































































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