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"Cinelibri" e Psicologia: Harry Potter e i Doni della Morte parte 2

L'ultimo film di Harry Potter inizia visualizzando un cambiamento gigantesco: Hogwarts non è più una scuola, ma una caserma. Quando la dittatura vince, il mondo si trasforma e diventa nero, oscuro.

E' l'ultimo capitolo della saga e si percepisce l'imminente chiusura; una chiusura che sarà poi un'apertura verso nuove consapevolezze.


Il viaggio di Harry continua attraverso il trigenerazionale e la scoperta della famiglia allargata. In realtà quella che conosciamo è la famiglia di Silente, il fratello, la sorella e la loro storia. Quando questo accade la figura del del genitore viene messa in discussione, perchè questo accade con la terapia, la messa in discussione dei propri genitori, che forse non sono così perfetti come pensavamo. Ma è un dubbio, un'incertezza che non diventa distruttiva, è accettabile, è possibile integrarla dentro di noi, infatti Harry continua il suo percorso fidandosi della famiglia allargata ma senza distruggere il ricordo di Silente, semplicemente comprendendo la storia nel suo complesso.


Harry rincontra la McGranitt, altro punto di riferimento della sua infanzia, alla quale chiede aiuto: "ho bisogno di più tempo". Durante lo svincolo e l'età adulta è necessario circondarsi di persone che sono per noi riferimenti affettivi, emotivi e di protezione; creare la nostra rete relazionale. Tutta Hogwarts si stringe simbolicamente e fisicamente intorno ad Harry con aiuti di tanti tipi: protezione, indicazioni, consigli, affetto. Tutti aiutano Harry a vincere questa battaglia che in fondo non è solo sua, ma della società. L'autrice infatti continua ad inserire riferimenti alla Seconda Guerra Mondiale e ai regimi totalitari.

Il piano familiare e il piano sociale si uniscono dando vita ad un ballo perfetto.


In quest'ultimo capitolo possiamo dare una lettura in più sugli horcrux; infatti, non è solo Voldemort a soffrire quando ne viene distrutto uno, ma anche Harry. Potremmo immaginare gli horcrux come quei contenuti dolorosi, rimossi, nascosti nella nostra psiche che andiamo ad affrontare con la terapia. Ogni volta che ne distruggiamo (elaboriamo) uno c'è un cambiamento e il cambiamento passa sempre per la sofferenza. L'incantesimo degli Horcrux potrebbe assomigliare molto al meccanismo di difesa della scissione che non accade solo per contenuti "cattivi", come è stato spiegato per Voldemort e quindi omicidi, reati, ecc, ma anche per contenuti troppo dolorosi, come lutti, abusi, traumi, ecc.


Harry Potter e Voldemort sono due facce della stessa medaglia, la parte chiara e la parte oscura. "Solo io posso vivere per l'eternità", dice il Signore Oscuro. E nella battaglia finale vediamo questo, come diceva la profezia, solo uno può rimanere, solo una parte può sopravvivere. Ma è proprio così? Risponderemo dopo a questa domanda.


Nel frattempo Harry affronta il dolore, la morte, andandole incontro, attraversando la foresta proibita, che è buia, pericolosa, isolata, perchè non possiamo raggiungere il dolore passando per una strada limpida, pulita e soleggiata.

Il tema della morte è presente in tutta la saga, con significati e importanze diverse; nell'ultimo capitolo ci sono morti inaspettate, morti di persone troppo giovani, morti di genitori (Lupin e Tonks). Nei primi libri questo tema è presente sì, ma solo con il passare del tempo appare chiara e reale: la gente muore davvero, i nostri amici e i nostri familiari muoiono davvero.


Durante l'incontro con Voldemort, Harry utilizza la Pietra della Ressurezione e rivede i suoi familiari, in particolare chiede alla madre di starle vicino, la quale risponde: "Sempre".

Questa lettura è molto cristiana: la nostra cultura ci permette di affrontare con più facilità alcuni momenti delicati della nostra vita. Per questo il cristianesimo dura da così tanti millenni, perchè ci dà speranza, ci permette di illuderci e far sentire la morte, nostra e delle persone per noi importanti, meno definitiva.

Lo scontro con Voldemort è angosciante e tremendo; toccare le nostre parti oscure, vederle, starci insieme, ci annienta. Harry si ritrova nella sua psiche, nel suo inconscio e incontra Voldermort piccolissimo e fragile, senza pelle; c'è anche Silente e Harry chiede cosa sia quella "persona", il terapeuta gli dice che non può aiutarlo, è qualcosa che non può ottenere il loro aiuto. E' vero, non possiamo salvare quelle parti, le dobbiamo lasciare andare, non possiamo fare più nulla per loro. "Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore".

La terapia è conclusa, il paziente ha tutti gli strumenti per poter affrontare quello che succederà, il suo zaino è pieno: "Un aiuto verrà sempre dato a Hogwarts, Harry, a chi lo meriterà". L'incontro si conclude con un'altra frase del terapeuta: "Certo che sta succedendo dentro la tua testa, Harry. Dovrebbe voler dire che non è vero?"

La terapia si basa sulla parola, è astratta, ma ferisce e guarisce come se fosse concreta; questo concetto si contrappone a chi continua a pensare che non funzioni, che non sia evidence-based.


Torna il ruolo della madre che protegge: Lily, Narcissa, Molly. Narcissa ha un solo interesse, salvare Draco e lo fa salvando un altro ragazzo che è figlio, Harry; Molly uccide Bellatrix per salvare Ginny.


Per concludere assistiamo alla battaglia finale, all'unione di Harry e Voldemort quando si buttano e sembrano diventare una cosa sola, per poi sconfiggere questa parte oscura che sì è dentro di noi, e forse lo sarà sempre, ma è possibile affrontarla.


C'è ancora una domanda a cui rispondere..."solo una parte può sopravvivere. Ma è proprio così?"

La risposta è no, ed è il personaggio di Piton a spiegarci il perchè.

Piton è un bambino in difficoltà, assiste fin da piccolo a violenza assistita e probabilmente la subisce anche, quando il padre scopre che anche lui, come la madre, ha poteri magici. Piton si rifugia nella magia e conosce Lily, l'unica persona che lo accetta per come è; possiamo immaginarci che il ragazzo non abbia amici, non abbia adulti significativi di riferimento sani e non sa come sia una relazione sana. L'amore che inizia a provare per Lily è un amore simbiotico, morboso, anche se lui non fa nulla per infastidire la ragazza. Quando entrano ad Hogwarts, Piton viene bullizzato, proprio da James e dai suoi amici, e si allontana sempre di più dalla sua amica Lily. Non riesce ad esprimere i suoi sentimenti perchè la sua ferita nell'attaccamento è profonda; nessuno sembra capirlo e si avvicina piano piano al gruppo dei Mangiamorte. Spesso accade di entrare a fare parte di gruppi molto invischiati (sette, parrocchie, scout, ecc) più o meno sani, per ottenere un'identità che è difficile costruire e scoprire da solo. E' qui che Piton diventa nero, il nero per eccellenza, senza più parti bianche, senza più luce: confida a Voldemort della profezia della Cooman, creando un pericolo per Lily e la sua famiglia. L'amore per questa donna è così forte che si precipita a chiedere aiuto a Silente pur di salvarla. Inizialmente pensa solo a lei, non al marito e al figlio, perchè il suo attaccamento è con lei; non si tratta di non avere scrupoli, si tratta di perdere il suo Oggetto-Sé. Comprende i suoi errori, si sgancia dalla setta dei Mangiamorte, quando la morte di Lily crea una frattura di fiducia verso quel mondo psicotico. Il dolore è così forte che Piton è annichilito, totalmente disinteressato a quello che il gruppo di Mangiamorte poteva dargli. Si avvicina a Silente, probabilmente la prima figura funzionale della sua vita che lo mette di fronte ad un bivio, conoscere le sue parti bianche e luminose. Severus appare costretto e accetta; probabilmente all'inizio non è in grado di vederle e continua a identificarsi solo con l'oscurità, perpretendo comportamenti poco corretti e giusti nei confronti degli studenti. Poi arriva Harry, potrebbe odiarlo come fa con tutti gli altri, o guardarlo con profonda indifferenza, ma ha gli occhi di Lily, è la persona vivente più vicina al suo Oggetto-Sé. Lo protegge, lo osserva, lo aiuta, certo con distacco, senza empatia, e a volte con molta rabbia, ma è l'unica modalità relazionale che conosce. Fa di tutto per salvare Harry e il mondo intero; avrebbe potuto evitare, sparire, uccidersi, ma non lo fa, perchè una parte della sua anima è lucente, bianca, come la cerva del suo patronus. L'amore per Lily è l'unica cosa che ha tenuto in vita quella luce; aver creato un Oggetto-Sé ha permesso a Piton di non cadere nella profonda oscurità come è accaduto a Voldemort. Alla fine della saga Severus si rende conto di aver stretto delle relazioni importanti: con Hogwarts, con Silente, Minerva e gli altri docenti, e di essersi affezzionato, legato ad Harry. E' il massimo che può fare, partendo dalla cruda realtà e dai traumi dell'infanzia. Piton è il grigio, la via di mezzo di cui avevamo bisogno; perchè la vita non è bianco o nero, perchè non ci sono buoni o cattivi, perchè ognuno di noi ha parti oscure che crescono e si moltiplicano se non le affrontiamo. Piton è uno dei personaggi migliori della saga e forse degli ultimi 30 anni. E' la chiave di lettura per tutti i libri, una chiave a cui non siamo abituati, ma che la Rowling ci dona con molta maestria.

Ogni personaggio che abbiamo conosciuto aveva una parte oscura e una lucente, a partire dallo stesso Harry, da Silente, perchè sì, anche il terapeuta ha la sua parte nera e profonda.

Quello che crea la patologia sono le 3 R: ridondanza, rigidità e relazione significativa; se non siamo in grado di essere grigio, passeremo la nostra vita a lottare per qualcosa di impossibile e davvero poco sano.

Ma come diceva Silente, è sempre una questione di scelta....

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